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Gli effetti della pandemia sulle imprese salentine. Dopo due anni di stato di emergenza, le aziende sono diminuite a Miggiano, Morciano di Leuca, Bagnolo del Salento, San Pietro in Lama, Guagnano. Sono aumentate, invece, a Montesano, Palmariggi, Carpignano, Seclì, Giuggianello. Questi sono solo alcuni dei Comuni salentini presi in esame nel nuovo studio condotto dall’Osservatorio economico Aforisma, diretto da Davide Stasi.

La pandemia ha profondamente cambiato gli stili di vita, innescando molteplici effetti sulla produzione e sui consumi. Gli ingranaggi dell’economia, perciò, hanno girato a velocità diverse: in alcuni Comuni è diminuito il numero delle imprese, in altri invece è aumentato, anche in relazione alle tipologie delle attività produttive e commerciali maggiormente presenti.

I provvedimenti di contenimento della pandemia hanno penalizzato alcuni Comuni, più di altri. Ad esempio, Miggiano registra una flessione del -5 per cento del numero delle aziende: da 258 registrate a fine 2019 si è scesi a 245; Morciano di Leuca -2,7 per cento (da 333 a 324); Bagnolo del Salento -2,5 per cento (da 120 a 117); San Pietro in Lama -1,6 per cento (da 250 a 246); Guagnano -1,3 per cento (da 455 a 449).

«Durante la pandemia – spiega Davide Stasi – non tutti i settori arretravano e non tutti i territori registravano un saldo negativo delle imprese e degli addetti. La nostra provincia è risultata un po’ meno esposta alle conseguenze della pandemia, almeno a livello economico-finanziario e, in alcune aree della provincia, è cresciuto il numero delle attività per una rapida diversificazione delle stesse e per il ritorno dei flussi turistici. La media provinciale si è attestata a +2,7 per cento (da 74.260 a 76.241). Lecce risulta, perciò, sotto la media provinciale: +2,4 per cento (da 12.914 a 13.218). Dall’analisi – aggiunge Stasi – emerge anche una dicotomia tra i centri urbani più grandi, storicamente caratterizzati da una maggiore diversificazione delle attività economiche e le altre realtà di dimensioni più ridotte, a specializzazione più elevata. Più in generale, la vulnerabilità di un territorio dipende sia dal grado di diffusione dei settori maggiormente colpiti dalla crisi sia dal grado di specializzazione dell’economia locale in tali attività. Inoltre, nella prima fase dell’emergenza sanitaria, le imprese salentine più attive all’estero e nelle altre regioni sono state più esposte allo shock economico per via del rallentamento negli scambi commerciali, ma nelle fasi successive, grazie alla ripresa della domanda internazionale, sono state più reattive, recuperando prima. Oltre a presentare caratteristiche di asimmetria tra i comparti produttivi, la crisi appare fortemente discriminante rispetto alla dimensione d’impresa».

Il saldo della nati-mortalità delle aziende è stato positivo a Montesano salentino +14,8 per cento (da 196 aziende a 225); Palmariggi +13,1 per cento (da 107 a 121); Carpignano salentino +8,2 per cento (da 389 a 421); Seclì +7,5 per cento (da 174 a 187); Giuggianello +7,1 per cento (da 98 a 105); Porto Cesareo +6,6 per cento (da 787 a 839); Lizzanello +6,5 per cento (da 799 a 851); Martignano +6,2 per cento (da 129 a 137); Melendugno +6,1 per cento (da 1.072 a 1.137); Novoli +6,1 per cento (da 700 a 743).Nei primi due mesi di quest’anno, in provincia di Lecce, si sono registrate 886 cancellazioni dal registro imprese, di cui 533 a gennaio e 353 a febbraio, a fronte di 850 nuove iscrizioni, di cui 410 a gennaio e 440 a febbraio.