Vorrei incontrarli tra tanti anni quando il loro figlio sarà seduto al banco insieme ad un bimbo bianco in una normalità ed una armonia perfetta.

Rubriche/PensieriParole/di Piero D’Errico

Indossano i vestiti più belli che hanno, per andare in Chiesa, si vestono bene perché vanno a trovare Dio, vanno a incontrare Dio.
I vestiti più belli come se andassero ad una festa.
E in fondo andare in Chiesa per loro è festa.
In quella loro Chiesa senza altare, che è calda in estate e fredda in inverno.
Arrivano in treno o in pullman da paese vicini, percorrono lunghi tratti di strada a piedi magari partendo di buon’ora per arrivare in Chiesa in orario.
Oppure arrivano in bici dopo aver pedalato anche per più di 20 chilometri.
Con loro hanno tutti la Bibbia.
Quando arrivano in Chiesa, li vedi pregare, li vedi cantare, li vedi ballare. Sono tutti fratelli e se uno di loro ha bisogno ne arrivano in cento, ad aiutarlo, a sollevarlo.
Tra le tantissime persone presenti, molte vestono abiti del loro paese, della loro tradizione, della loro cultura.
Non è raro vedere qualcuno piangere nei momenti di preghiera.
Piangere, pregare e ripetere a bassa voce “GISUS, GISUS, GISUS”.
Oggi è domenica, è festa, sono tutti presenti nella casa di Dio.
Oggi non si lavora, non saranno davanti ai supermercati a dire “buonasera” e sperare che qualcuno si faccia aiutare, si faccia dare una mano a portare l’acqua o le buste della spesa, per avere in dono qualche centesimo.
Non staranno lì pronti a sentirsi dire parole di disprezzo ed essere scostati con fastidio.
Sono come noi, sono soltanto più poveri di noi, fuggono la fame, la miseria, la povertà, fuggono da paesi dove non c’è libertà.
Sono come i nostri figli, sono uguali, sono felici se indossano una maglia nuova, un paio di scarpe ADIDAS non originali.
Sarebbero contenti di poter andare una sera al McDonald’s tra patatine, maionese e coca-cola. Ma per loro è solo un sogno da realizzare, domani forse.
Vorrei incontrarli tra tanti anni, quando andranno a prendere i loro figli da scuola, quando il loro figlio, sarà seduto al banco insieme ad un bimbo bianco in una normalità ed una armonia perfetta.
Quando nessuno farà più caso alla differenza di colore, bianco o nero, quando la scuola avrà portato a termine quel processo di integrazione tanto difficile, quel processo di integrazione che nascerà naturale sui banchi di scuola.
Quando cammineranno presi per mano o li vedremo abbracciati o ridere insieme come ora non succede.
Vorrei raccontare loro di “oggi”, di qualche “ieri fa”.
Raccontare di tempi di odio e disumanità, direi loro che gli ho sempre guardati con occhi dispiaciuti, carichi di dolore, che ho sempre cercato di aiutarli, che per quel che è servito ho scritto tanto, nella speranza di arrivare al cuore della gente.
Direi loro che io sono, sono sempre stato, dalla loro parte.