Rubriche/PensieriParole/di Piero D’Errico

Da “reduce del COVID” e con ancora addosso le “tracce emotive” che la pandemia è solita lasciare in chi  è colpito, continuai a lungo a chiedermi
“PERCHE PROPRIO IO ?                                       

Non ebbi mai una risposta e forse per questo un bel giorno smisi di chiedermelo. Misi al primo posta la “salute” il resto poteva aspettare e nel frattempo tenevo a bada il tempo che cercava di riportare tutto nel “prima”.

L’ufficio rimase  CHIUSO PER COVID una decina di giorni tra sanificazione, quarantena e tamponi Sicuramente  tutto ciò ha creato  disagio, ma non è dipeso da noi.                                                                 

Abbiamo chiuso per proteggerci e per proteggere         La riapertura fu segnata da paura e preoccupazione, si diventò più rigidi nel rispetto e nel far rispettare le regole.                                                                                                    Nel frattempo era quasi Natale, ma non c’era un’aria di festa, c’era paura, distanziamento e mascherine, mentre la TV riportava ogni giorno il numero di tamponi, dei contagi, dei morti.                                                                                                   Lunghe file per lo shopping e lunghissime file di poveri nuovi e vecchi a ritirare un pacco pieno di viveri.                                                                                                    Mezzi chiusi e mezzi aperti, anzi un po’ chiusi e un po’ aperti, tra zone gialle, zone rosse e zone arancione che si alternavano e si scambiavano.  Si leggeva sul volto della gente il desiderio, il bisogno di una normalità che tardava ad arrivare.                                                                                                                                                       

Fu un Natale diverso, tra solidarietà e solitudine. La fine del 2020 non fu diversa dall’inizio del 2021, tra look down, morti e vaccini si trascinava di giorno in giorno anche  il nuovo anno.                                

Poi le cose cominciarono ad andare meglio. E’ passato quasi un anno,  manca poco al “Natale dell’anno dopo”, del VIRUS si parla poco, quasi niente, resta solo un brutto ricordo e qualche residua polemica che tarda ad assorbirsi.                                                                                                   L’economia ha ripreso a girare, la fila davanti a PANE QUOTIDIANO è più che dimezzata rispetto allo scorso anno.                                                                                                    In giro tanta gente,  strade strapiene, siamo liberi, finalmente liberi, liberi da un virus che ci ha tenuto prigionieri.                                                                                                   Sarà un Natale in compagnia di amici e parenti, di lunghe tavolate, di amici che non vedi da tempo, di parenti che ami, della solita compagnia, quella di sempre, quella di tutti gli anni, che hai dovuto saltare per un Natale.                                                                                                   Sarà il primo Natale dopo il COVID, quello dell’anno dopo,  sarà un Natale bellissimo, vissuto con gioia, vissuto per dimenticare il Natale precedente e con la rabbia di poter finalmente fare tutto ciò che prima non si poteva, abbracciarsi, camminare vicini, mano nella mano, incontrarsi.                                                                                                   Andremo in giro sino all’ultimo momento a scegliere i regali e sino al’ultimo minuto per scegliere quelli giusti, per non dimenticare qualcosa. Per strada incontreremo, saluteremo, abbracceremo, per strada finalmente ci riconosceremo.                                                                                                   Staremo insieme a genitori e nonni anziani senza paura, saremo in dieci o forse no saremo in venti, ci assembleremo felicemente sino a tardi anzi tardissimo.  Compreremo maglioni e profumi, faremo un albero di Natale alto quanto una casa, strapieno di luci, colori e doni o faremo un presepe con fiumi, monti e laghi, con un cielo stellato e con viottoli e sentieri strapieni di pastori, lavandaie e bambini.                               

Sarà un Natale di Chiesa e di preghiere.                                                                                                   A mezzanotte, canteremo e ci abbracceremo, si ci abbracceremo forte  e al ricordo, qualcuno avrà gli occhi lucidi.                                                                                                   Fuori cadrà la neve, mamma mia quanta neve.                                                                                                    Si, a NATALE DELL’ANNO DOPO,  ci sarà anche la neve, scenderà in silenzio per non farsi sentire,  coprirà le strade, coprirà i tetti delle case, imbiancherà gli alberi e il cappello di un passante, i panni appesi e le spose, imbiancherà le croci e le rose.