Tratto dal libro di Marino Giannuzzo “I Ragona”. 

Rubriche/PensieriParole/ di Marino Giannuzzo

Ringraziamo l’autore per aver consentito alla pubblicazione del suo romanzo che troverete su queste pagine ogni domenica con un nuovo episodio.

Gisella era rimasta turbata dallo stato in cui aveva visto Livio, ma il suo turbamento si accrebbe nel notare che anche Tony era stato fortemente scosso dalla situazione personale e familiare del ragazzo e, se non aveva udito perfettamente le ultime parole rivolte da lui alla madre del giovane ne aveva però colto il senso percependo anche i sentimenti che lo avevano sconvolto. Un pomeriggio, dopo il rientro a Lecce, essendo libera da impegni, sia di lavoro che familiari, dopo averle telefonato per sapere se anche Giulia era libera da incombenze, andò a trovarla, per un caffè e per scambiare quattro chiacchiere. Tra i vari argomenti Gisella accennò al caso di Livio e alla situazione della sua famiglia. Giulia partecipò con interesse al racconto che la futura cognata le andava sciorinando. Poi si parlò di argomenti vari, di facezie, di cronaca nera, di cronaca rosa e di servizi che non funzionavano a causa della incapacità della nuova amministrazione comunale della città. -Ora ti racconto io qualcosa che ci è capitata l’estate scorsa….- disse ad un tratto Giulia. -Racconta. Di che si tratta?- fece Gisella. -Sentirai. Cose da terzo mondo… A me e a Francesco fu raccontata dallo chef dell’albergo-ristorante in cui avevamo deciso di trascorrere due settimane nella prima metà di agosto.

Eravamo, come sai, in Sicilia, nella parte occidentale dell’isola. Il quinto giorno dal nostro soggiorno, mentre ero sotto la doccia, con tutta la schiuma di sapone addosso, viene a mancare l’acqua. Ad alta voce chiedo a Francesco cosa fosse successo. -Non lo so…- mi rispose da dietro la porta. Telefonò al centralino della struttura e gli dissero che c’era stato un inconveniente improvviso, che purtroppo era finita l’acqua nella cisterna e che si sarebbe provveduto subito, ma che sarebbe trascorsa almeno un’oretta…. Francesco era a conoscenza dei problemi idrici dell’isola, io purtroppo no. E malgrado le mie rimostranze con mio marito non ci fu possibilità di soluzione. Naturalmente dopo essermi sciacquata alla meno peggio con dell’acqua che era in un bidone di plastica, e della presenza del quale ancora non mi ero data una giustificazione, ci recammo nella sala ristorante per la colazione. Nel locale era presente solo un’altra coppia di sposini, seduti ad un tavolo distante dal nostro, che andarono via quasi subito. Ci fu portato quanto avevamo ordinato e alla persona che, dopo averci serviti, ci augurava “buona colazione” chiedemmo il perché della interruzione del servizio dell’acqua nella camera. Si qualificò per uno degli chef del ristorante, non siciliano, tenne a puntualizzare, e per meglio informarci chiese il permesso di sedere al nostro tavolo, se la cosa non ci arrecava disturbo.

Sia io che Francesco fummo ben lieti di averlo con noi, curiosi di conoscere qualcosa che ancora non conoscevamo. -Mi esprimerò con nomi di persone e di luoghi fittizi…- fu il preambolo. -Faccia pure. Per noi non ci sono problemi…- intervenne mio marito. -C’era una volta, ma c’è ancora,- iniziò lo chef -in questo paese il grande problema della penuria di acqua e della sua erogazione alla popolazione. Dopo la festa della Patrona del paese, che regolarmente avviene il giorno ventuno giugno di ogni anno, la maggior parte dei cittadini se ne scende al mare. Si dice che se ne scende al mare perché il paese è situato in collina, a 258 metri di altezza sul livello del mare. E poiché la maggior parte dei cittadini possiede una seconda casa di abitazione per il periodo estivo nelle campagne che degradano verso il mare o nei pressi del mare, tutti dicono che scendono a mare. Così come si dice che nel mese di maggio fanno la discesa al santuario dove la Madonna dei Miracoli viene venerata in modo particolare in quel mese da tutta la popolazione, ferventemente cattolica cristiana, anche se poco praticante, riducendosi talvolta a recarsi a messa solo nei giorni di Pasqua e di Natale, come peraltro avviene dappertutto. Ma sono quasi tutti cristiani, salvo qualche eccezione, che, per egocentrismo o per convinzione, dice di non credere né in Dio né nella Madonna.

E in tal modo pensa di passare per progressista o come persona di grande ingegno.- Ci rendemmo conto che il narratore aveva divagato, ma si riprese subito. Forse aveva voluto notiziarci anche su avvenimenti marginali, per maggiore completezza. E riprese: -Il ventidue del mese di giugno quindi scendono a mare anche quelli che di fatto vanno ad abitare per il periodo estivo poco al di qua delle ultime case del paese. Da quel giorno, quasi ad orologeria, scatta il problema dell’emergenza acqua. Abbia piovuto in abbondanza durante l’inverno o ci sia stata reale carenza di pioggia durante l’anno il problema acqua persiste puntualmente ogni anno e in questo periodo particolarmente. Le sorgenti, per eventi che nessuno riesce a comprendere, diminuiscono la loro portata, oppure un guasto al meccanismo di distribuzione non permette il normale flusso verso le abitazioni private e nemmeno verso gli edifici pubblici. Le due autobotti in dotazione al Comune per la distribuzione di acqua potabile, a turno, ma spesso contemporaneamente, risultano inutilizzabili per un guasto fortuito o per l’impossibilità di reperire un pezzo di ricambio. Insomma una vera iettatura per il paese e per i suoi cittadini. Ma anche per coloro che in qualità di turisti vogliono trascorrere un periodo in questo territorio, come purtroppo è capitato a voi.

Per correttezza e per completezza bisogna però dire, ed affermare con risolutezza, che alcuni cittadini, pochissimi in verità, godono dell’immunità per questo problema, anzi sono ben lieti di tale situazione, anzi la fomentano e la favoriscono e ne traggono un enorme vantaggio. E poiché chi non ha vissuto in questi luoghi, neppure per un brevissimo periodo, non ha possibilità di comprendere il perché e il percome di tale situazione emergenziale, ritmata come il lento cadere della goccia d’acqua da un rubinetto ben chiuso, ma mal funzionante, ci si sobbarca a dare, per quanto possibile e lavorando di ragionevole fantasia, qualche spiegazione o a formulare qualche ipotesi. Era in passato, ed è ancora oggi, voce comune tra i cittadini che tale situazione, che ormai si perpetua da decenni, era ed è pilotata da qualcuno. Inizialmente non si facevano nomi, non si indicavano uffici, non si ipotizzavano procedure poco corrette, ma col ripetersi delle emergenze negli anni si è cominciato ad avere il coraggio di esprimere dei dubbi, a fare delle congetture e anche delle affermazioni. Dapprima ci si chiedeva perché mai, pur essendoci stata pioggia abbondante durante l’anno, l’acqua non venisse erogata regolarmente. Poi ci si chiese perché non giungesse acqua ai rubinetti delle abitazioni almeno per due giorni la settimana. Poi ci si meravigliò quando l’acqua veniva erogata e in modo limitato a due o tre ore ogni dieci giorni.

Infine si giunse ad avere disponibilità di acqua, il cui flusso veniva regolato a bassa pressione, ogni due settimane approssimativamente. Ogni famiglia naturalmente nel tempo è ricorsa ai ripari e quasi tutti hanno una cisterna per l’acqua, in genere scavata sotto il pavimento del garage, se non si ha un giardino. Per quanto risultava, e ancora risulta, a coloro che pagavano il canone annuale per avere diritto all’acqua corrente presso le proprie abitazioni, nessuno si era mai lamentato ufficialmente presso le autorità. Le autorità costituite, pur conoscendo tale problema e pur soggiacendo allo stesso problema, non avevano mai presa l’iniziativa di avviare un’indagine conoscitiva. Alcuni cittadini avrebbero voluto inviare degli esposti, ma, avendo delle remore e delle preoccupazioni per eventuali ritorsioni da parte di probabili responsabili, se ne erano astenuti; non solo, ma anche perché le autorità spesso non davano corso ad alcuna indagine, sia perché il problema veniva presentato nei modi non dovuti, sia perché veniva presentato da persone che non firmavano gli esposti inviati in forma anonima o che non riuscivano ad esprimere in modo preciso l’oggetto della loro lamentela, sia perché l’autorità era oberata di tanto lavoro arretrato che non riusciva a dare corso a quanto dovuto.

Tuttavia col passaparola e grazie ad alcune indiscrezioni la popolazione incominciò a ipotizzare e poi ad avere la conferma della non trasparenza di quelle emergenze. Bisogna premettere che in precedenza, alcuni decenni addietro, alcuni cittadini, pochi in verità, avendo avuto conferma che nel sottosuolo di qualche terreno di loro proprietà scorreva una cospicua vena di acqua sorgiva, avevano fatto scavare abusivamente dei pozzi. Avevano trovato acqua abbondante. Qualcuno si organizzò comprando delle autobotti e distribuendo, su richiesta e a pagamento per il servizio, l’acqua che era proprietà di tutti, perché demaniale. Altri si limitarono a possedere i pozzi e a vendere l’acqua a chi la richiedeva. Insomma il paese, le strade di campagna, le strade vicine al mare erano percorse continuamente da autobotti che fornivano acqua a tutti, particolarmente nel periodo estivo, ma anche in quello invernale. In tal modo davano lavoro anche ai conducenti delle autobotti, che benché non fossero molti, e mal pagati, erano sempre delle persone che avevano impellente necessità di portare un pezzo di pane a casa. Il lavoro c’era. La ricchezza si accumulava. I condomini di proprietà sorgevano. Gli appartamenti si vendevano o si affittavano. Insomma l’acqua di tutti e per tutti produceva la ricchezza di pochi.

Intanto un dirigente addetto all’amministrazione dell’acqua distribuita dal Comune, mentre in precedenza aveva sempre dato disposizione che l’acqua venisse erogata in modo equo, ma parsimonioso, per le civili abitazioni, ma anche per soddisfare l’irrigazione di aranceti, di vigneti e di uliveti, notando il frenetico movimento delle autobotti, senza che alcuno si curasse ormai della sua esistenza in vita, per ripicca, dispose che l’acqua venisse erogata in quantità abbondante per tutte le civili abitazioni e per aranceti, vigneti e uliveti, senza curarsi se col tempo anche le riserve sarebbero venute meno. I venditori di acqua privati accusarono il colpo, come si suol dire. Finalmente i cittadini del paese e quelli che trascorrevano il periodo estivo nelle campagne o nelle vicinanze del mare, tirarono un sospiro di sollievo e gridarono al miracolo. Ma il giubilo durò poco. Solo qualche mese durante un’estate. Il servizio delle autobotti private era divenuto smisuratamente contenuto. I proprietari dei pozzi e delle autobotti, nonché i conducenti delle autobotti, che si trovarono licenziati nel giro di poco tempo, accennarono ad un larvato moto di ribellione. Ma nessuno aveva il coraggio di far valere palesemente il proprio tornaconto.

Trascorsa però l’estate chi aveva provveduto al miracolo precedentemente diede disposizione che alcune chiuse dell’acqua restassero chiuse. Gli aranceti, i vigneti e gli uliveti furono nuovamente destinati ad un periodo infinito di siccità, le autobotti comunali non furono più utilizzabili per mancanza di personale addetto o destinato ad altre mansioni o per mancanza di pezzi di ricambio o perché non erano stati stanziati fondi per il carburante necessario per farli utilizzare. Le autobotti private ripresero a circolare come prima, più di prima e meglio di prima. Insomma chi si era lamentato, nel periodo transitorio dell’abbondanza per tutti, ora era di nuovo finalmente soddisfatto. Chi aveva creduto al miracolo dell’acqua erogata abbondantemente e quasi con cadenza quotidiana ora guardava perplesso i rubinetti di casa, che, malgrado ogni insistenza, sembrava che non funzionassero più e restavano muti. Le comari vicine di casa esprimevano tra di loro il disappunto. I capifamiglia si lamentavano del costo esoso di un’autobotte d’acqua e della mancanza di acqua pubblica, malgrado le pretese del pagamento puntuale delle bollette che inviava l’ente che doveva provvedere all’approvvigionamento dell’acqua. E comunque, dicevano, l’acqua delle autobotti non era certificata che fosse potabile. La conseguenza era che per bere e per cuocere bisognava comprare l’acqua nelle bottiglie di plastica vendute al supermercato.

Venivano servite per mezzo di autobotti, con acqua esclusivamente potabile, soltanto le caserme delle forze armate del paese e qualche altro ufficio pubblico, e qualcuno cominciò a chiedersi il perché, quando questa notizia trapelò. Ma avvenne un fatto inconsueto che rivoluzionò l’andazzo della distribuzione dell’acqua. -Ma sembra incredibile e impossibile una cosa del genere- interruppe Gisella. -Non aggiungo e non tolgo nulla di quello che ci venne raccontato…- rispose Giulia. -Ok. Prosegui…- aggiunse la cognata. -E lo chef, constatato che eravamo rimasti solo io e Francesco, proseguì: -L’estate successiva, durante una calda serata organizzata per intrattenere la gente su uno spiazzo antistante la spiaggia del mare, dopo le varie esibizioni di comici e di cantanti, fu invitato sul palco un certo Leo, diminutivo di Leonardo, che tutti in paese conoscevano col nome di Nanà. Nanà era un poveraccio sui quarantacinque anni, benvoluto da tutti perché innocuo, servizievole e soggetto ad ogni scherzo o sevizia gli si facesse. Era considerato lo scemo del paese. Non si era mai lamentato della sua condizione, anzi quasi sempre aveva un sorriso o una forzata risata quando qualcuno diceva una battuta per prenderlo in giro. Egli stesso talvolta si proponeva per dare la sua parte di spettacolo a buon mercato.

Preso sulle braccia da due ragazzotti sui vent’anni, nerboruti ed agili, si trovò posizionato sul palco davanti ai microfoni. Invitato a cantare dapprima propose la canzone “Vitti ‘na crozza…”, alla fine della quale seguì uno scroscio di applausi, poi cantò “Sciuri-sciuri….”. Non gliela fecero finire di cantare, anche se a modo suo e con parole sgangherate o inopportunamente adattate, per il clamore suscitato da tutte le parti con grida di approvazione, fischi ed applausi. Quando tutti fecero silenzio ed un brusìo serpeggiava tra la folla, una voce, alta e distinta gridò: -Nanà raccontaci quella dell’acqua!…. Allora Nanà, afferrato il microfono tra le mani e portandoselo alla bocca, con solennità annunciò: -fate silenzio… Vi racconto un fatto che nessuno conosce. Lo conosco solamente io. Un giorno ero al Municipio nella stanza del ragioniere Cipolla, seduto davanti al tavolo… Arriva Geremia il macellaio, saluta e dice: – ragioniere Cipolla chiudete l’acqua. L’amici hannu ccampari… e vui puru… se mòrenu l’amici murèmu tutti quanti… l’acqua serve a cu l’ave, a cu la porta, a le campagne…. M’aviti caputu?… Pe vossìa ci pensu iò…. Baciamu le mani… e s’accumensa rumani…. E se ne andò. Io guardavo il ragioniere Cipolla,- continuò Nanà – che non disse una sola parola, mentre Geremia il macellaio se ne andava.

Poi il ragioniere Cipolla, stringendosi la testa tra le mani, disse: -… e sia fatta la volontà di Dio-. Poi una persona mi disse che era molto importante quello che avevo sentito e mi suggerì di andare a dirlo alla Polizia. Io lo dissi alla Polizia, ma non mi hanno creduto, anzi mi dissero che potevo essere denunciato per calunnia per quello che andavo dicendo. E io mi sono fatti i fatti miei, come mi ha suggerito pure mia madre. Il giorno dopo mi ricordo che acqua non ce ne fu più e le autobotti private correvano di nuovo da una parte all’altra del paese, delle campagne e di mare. E corrono ancora.- La folla dapprima ammutolì, seguendo il racconto, non proprio strampalato, che aveva sostenuto Nanà, poi cominciò a vociare, poi si udirono insulti e minacce espresse nei confronti di anonimi, poi si disse che il Cipolla doveva essere messo sulla graticola per farlo arrostire, come San Lorenzo… Nessuno fece un minimo accenno a Geremia il macellaio. Nessuno se l’aspettava. Nanà, senza alcuna intenzione e senza averne coscienza, aveva compiuto il nuovo miracolo. L’indomani ci fu acqua per tutti i rubinetti, autobotti private circolarono poco, quelle pubbliche furono sequestrate in attesa di essere periziate, il geometra Cipolla fu trattenuto a lungo presso la Caserma dei Carabinieri, il macellaio Geremia fu arrestato, e Nanà comparve su tutti i giornali della Sicilia, osannato come uomo coraggioso, sprezzante di ogni pericolo, disposto a combattere per ogni giusta causa….. Ma passata la tempesta… si torna a fare festa. Però, ad onore del vero, bisogna dire che con le autobotti private la presenza dell’acqua è sempre garantita, salvo imprevisti, come questa mattina- aveva concluso lo chef, non siciliano, ma che in Sicilia si trovava bene ormai da molti anni e dove aveva messo su famiglia. Giulia e Gisella si meravigliarono del tempo che era trascorso raccontandosi gli avvenimenti a cui avevano assistito o partecipato durante i loro viaggi. Avendo già sorseggiato un caffè entrambe si levarono in piedi e con un abbraccio si accomiatarono.