Rubriche/di Piero D’Errico

Ci sono cose nella vita che quando le fai sembrano così scontate, sembrano così in sintonia con tutto il resto che ti chiedi come mai non le hai pensate prima e magari ti stupisci per quanto fossero semplici e spontanee da pensare.

E’ successo così.

Un aereo militare che vira a destra stagliato al centro di un rondo’ ad indicare l’aeroporto militare di Galatina.

Una bellezza unica che abbellisce l’ingresso alla città  e fa dimenticare un probabile passaggio a livello poco più avanti chiuso per una quindicina di minuti e con una quarantina di gradi all’ombra.

Dicevo la “bellezza che incanta”, sembra proprio un aereo in volo, un aereo che dà l’ebrezza del volo.

Ed io che comincio a rallentare quasi un chilometro prima e sfidare chi mi suona dietro come per dirmi “muoviti”!

Ma quando sono lì vicino, non ce n’è per nessuno.

Quell’aereo mi ha riportato indietro negli anni, una volta toltomi davanti al commerciale ero lì a chiedere dei concorsi in AERONAUTICA MILITARE.

Non ricordo il punto preciso, ma c’era un ufficio nel centro storico di Lecce,  dove venivano esposti i bandi di concorso e dove un maresciallo dava spiegazioni.

Volevo volare, nessuno mi poteva fermare, volevo andare in accademia militare a Pozzuoli e non ascoltavo neanche un attimo le prediche sulla pericolosità di quel mestiere.

Le avevo messe già in conto e a dire il vero, la passione metteva  in secondo piano tutto il resto.

Sempre pronto a guardare in cielo ogni volta che sentivo il rombo di un AER MACCHI MB 326 che un giorno io avrei guidato.

Accecato com’ero da un sogno, vedevo solo le cose belle. La disciplina, le regole e la fatica le scoprii un po’ dopo.

Non c’era altro mestiere che faceva per me, era l’unico, ogni altra proposta era irricevibile.

E poi la sera quando c’erano i voli notturni, passavano proprio sopra la mia testa, ed io ero sempre più affascinato.

Non ce la feci a vincere nessuno dei concorsi a cui partecipai, pur essendo all’epoca “raccomandato” come tutti.

Non ci fu nulla da fare, persi anni in attesa che ne uscissero sempre di nuovi e in attesa di parteciparvi.

Mi rassegnai, ma la passione rimase. Mi fece comodo pensare che per come ero e come sono, non sarei riuscito a superare le varie fasi di addestramento.

Allora lo pensai per convenienza, ora lo penso davvero.

Insomma quel mio grande sogno svanì, anzi andò in frantumi, ma i tanti poster appesi al muro e sparsi per tutta la casa rimasero lì.

Quell’aereo militare messo lì in quell’aiuola che sembra il posto in cui è sempre stato, risveglia in me ogni volta che ci passo davanti, tutte le sensazioni, le delusioni, le emozioni, risveglia tutto l’amore per l’arma azzurra.

E ancora oggi mentre scrivo, a quasi cinquant’anni di distanza, mi tornano i brividi, mi si fa ancora la pelle d’oca.

Dal sogno di volare su un aereo militare ad una sedia che sembrava da cucina dietro un tavolo con un piede più corto a scarabocchiare pratiche e timbrare scartoffie, il passo non fu breve.

Ci volle tanto, ma alla fine rimase la passione e andò via tutto il resto.

Non potevo più perdere altro tempo, ne avevo perso già tanto per andare dietro, per inseguire un sogno di gioventù.

Mi ero finalmente svegliato.

Con la stessa identica passione che mi porto ancora dentro, ringrazio il comandante dell’aeroporto di Galatina e attraverso lui tutti coloro a cominciare da chi ha avuto la bella idea, chi ha progettato e preparato quello stupendo aereo che sembra virare verso l’aeroporto, verso la pista per atterrare dolcemente.

Dico forse la cosa più semplice, la più scontata e la dico con tutto il cuore: grazie.

Sono sicuro basterà.