Rubriche/PensieriParole/di Piero D’Errico.

Erano passati un po’ di anni, la vita scorreva nella sua solita normalità con i suoi tanti piaceri e i suoi tanti dispiaceri.

Le stagioni continuavano ad inseguirsi, il tempo che passava continuava a lasciare i segni ed in più si esibiva nella cosa che sapeva fare meglio, scavare rughe ed anche fosse.

Avevo interamente vissuto quella “schifezza” comunemente chiamata “vecchiaia”.

Non avevo trovato, in quel tratto, alcuna bellezza e neanche qualcosa che le somigliasse.

Eppure ne avevo sentito parlare.

Mi convinsi alla fine, che la “bellezza” di cui avevo sentito parlare, serviva solo a dare coraggio o dare una passeggera consolazione.

Io non ne trovai alcuna traccia, solo ricordi e rimpianti, incastrato in posti per vecchi, in cose per vecchi mentre intorno trovi sempre qualcuno con una cinquantina d’anni meno di te, pronto a cederti il posto a sedere.

Non dissi mai in nessun discorso “ai miei tempi” solo per farli più belli, solo per farli più interessanti.

Erano belli perchè erano “i miei tempi” ed erano belli quanto  “i tempi“

che  ognuno vive a seconda dell’età perchè è proprio la vita che è bella in ogni tempo.

Capii che non è neanche semplice rendersi conto che le stagioni della vita nel frattempo cambiano.

Capita di illudersi, di sentirsi diverso dall’età e a volte si corre il rischio di restare a lungo o anche per sempre, ancorati ai “propri tempi” ormai superati, rifiutare ogni aggiornamento e continuare a vivere imprigionati in un periodo che non passerà mai.

La sola cosa bella è che a  quell’età non hai più rate da pagare, il mutuo  per la casa lo hai finito già da un po’.

In fondo il mondo, così complesso e complicato, è straordinariamente uguale al “treno diretto” che prendevo nei miei momenti universitari,

“c’è chi sale e c’è chi scende”.

Scendere prima o poi tocca a tutti, quel giorno toccò a me.

Da quel giorno erano passati tanti anni e qualche pandemia, ad occhio e croce quasi quattro decenni, quando una ragazzina sui quindici anni, capelli biondi e occhi verdi, interessata a tutto ciò che era “passato”, tutto ciò che era “vintage”, era sempre alla ricerca di cose vecchie, consumate dal tempo.

Quella ragazza bionda con gli occhi verdi, tornò un giorno nella casa della nonna, chiusa da molto tempo.

Provò vestiti, tolse la  polvere a dipinti, aprì armadi e comò.

Trovò ventagli e fermagli, foto, libri e santini, trovò stampati racconti su fogli stropicciati e un po’ sbiaditi che lei rese chiari e leggibili.

Erano come custoditi, erano dentro a un foglio di giornale, come protetti.

Lesse tutti quei racconti tutti d’un fiato, in certi si riconosbbe e in certi si emozionò.

Tornò nella casa della nonna altre volte, era vicino  casa sua, con la sua bici cigolante in meno di cinque minuti era già lì a curiosare ancora a rovistare ancora tra polvere e cassetti che scricchiolavano.

A lei non importava nulla, stranamente le piaceva respirare quel profumo di “cose vecchie” di “antico”, guardare foto e leggere libri e racconti.

E lei ripercorreva quei tempi e quelle mode con tutta l’emozione e la gioia di chi quei tempi gli aveva vissuti.

Era un mondo che non gli apparteneva diverso dal suo,vecchi appunti, vecchi maglioni e un calendario appeso ancora fermo a settembre di quell’anno.

Ogni volta portava con se le cose che più la incuriosivano.

Quel giorno aveva addosso, accuratamente lavata e stirata, una maglietta trovata a casa della nonna, era bianca e davanti aveva come cerchi concentrici che diventavano sempre più grandi, con tutti i colori dell’arcobaleno.

E lei la indossava come se quella maglietta fosse stata appena presentata nell’ultima collezione di Chanel.

Seduta sulla solita panchina che ogni pomeriggio sembrava la aspettasse, quel giorno si trovò con tutta la sua comitiva, una quindicina, stessa età più o meno.

Aveva portato quei “racconti” trovati in casa della nonna.

Li lesse ad alta voce, a tutti i presenti e non solo alla sua compagnia, nel frattempo si era fermato qualche passante e qualcuno seduto più avanti si era avvicinato.

Li aveva letti tante volte, conosceva quei racconti quasi a memoria per cui le fu facile trovare il ritmo e le pause giuste.

Ascoltarono tutti attentamente quei racconti d’altri tempi, tutti firmati

“PIERO”.

Quando finì di leggere, la sua migliore amica, stessa età e stessa passione:

“ CHI MAI SARA’ STATO QUESTO PIERO”.

Ed io, se solo avessi potuto, tanta voglia di rispondere:

IO NON LO SO.

Quella ragazza capelli biondi e occhi verdi, quella ragazza che amava i BEATLES e i ROLLING STONES, che cantava YESTERDAY e MICHELLE, in perfetto inglese e sapeva tutto di JOHN LENNON, pubblicò quei racconti su un sito che conosceva molto bene.

Fu quasi un successo, furono in molti a fermarla anche per strada, furono in molti a chiederle:

CHI MAI FOSSE QUEL PIERO.

E lei ogni volta scuoteva la testa e mentre ancora i suoi capelli dondolavano da una parte all’altra, allargava le braccia e a tutti rispondeva allo stesso modo: IO NON LO SO.

                                                                        Fine.