Eventi/di Ufficio Stampa “Festival Giornalisti del Mediterraneo”.

Seconda giornata della tredicesima edizione del Festival Giornalisti del Mediterraneo, domani 2 settembre, dedicata a uno dei temi che la rassegna ha sempre avuto a cuore: quello relativo ai conflitti che dilaniano il mondo – e in particolare il Mediterraneo – e al dialogo possibile.

Si parte alle 20.30, sempre a Largo di Porta Alfonsina, con il dibattito “Diritti umani, i genocidi dimenticati. Le testimonianze e il racconto dei media”, al quale prenderanno parte Cuno Tarfusser, sostituto procuratore generale presso la Corte di Appello di Milano; Zouhir Louassini, Rai News 24; Irvin Mujcic, sopravvissuto al genocidio di Srebrenica (Sarajevo); Olive Wema, sopravvissuta al genocidio in Ruanda; Alessandro Monteduro, direttore della Fondazione pontificia “Aiuto alla Chiesa che Soffre”.  Modera Francesca Ambrosini, Italia 1.

“Dagli inizi del ‘900 a oggi”, sottolinea Francesca Ambrosini, “ci sono stati almeno dieci genocidi nel mondo, e purtroppo di alcuni di essi se n’è parlato troppo poco. In particolare, si è prestata troppa poca attenzione a quanto successo in Ruanda e in Bosnia negli anni Novanta. È importante, dunque, parlarne, dando voce a chi è sopravvissuto e al racconto di quanto veramente è successo quando sono state sterminate migliaia di persone, nell’indifferenza del mondo”.

“Noi ruandesi”, aggiunge Olive Wema, “siamo un popolo che forse pochi conoscono, ma su cui si dovrebbe invece approfondire. Non per gloria, ma per il dolore che ci ha fortificato dopo la guerra civile, denominata “Genocidio 1994” ,  che ha devastato la nostra società.  La tremenda vicenda ha segnato tutto il nostro popolo per sempre. Mi chiedo come mai nessuno ne parli.. Forse perché è successo in un altro continente? L’unica cosa che desidero attualmente è sensibilizzare la popolazione italiana su questo argomento, raccontando la mia storia”.

A seguire, il dibattito “Israele e Palestina, pace e conflitti. Il dialogo possibile” con Zouhir Louassini, Rai News 24; Renato Coen, Sky Tg24; Gaja Pellegrini Bettoli, giornalista esperta di Medio Oriente e Stati Uniti  Modera Patrizio Nissirio, AnsaMed.

“In questa terra – Israele/Palestina- distinguere tra fatti ed opinioni è estremamente difficile”, commenta Gaja Pellegrini Bettoli.  “Non si tratta neanche di opinioni, ma di “verità”, ed ogni popolo è convinto della “sua”, sedimentatasi in un secolo di sangue e guerre. Si potrebbe dire che entrambe i popoli siano prigionieri delle loro “verità”, che contribuiscono a impedire una soluzione al conflitto.

L’autodeterminazione nazionale e la nazione sono al centro del conflitto- almeno per i laici da entrambe le parti; per gli esponenti religiosi, la questione è assai diversa. Per questi ultimi, siano essi palestinesi  che ebrei, le ragioni del conflitto si trovano nel desiderio di realizzare la promessa di Dio di una terra per il proprio popolo. Entrambi nello stesso territorio: in Israele/Palestina. In questo contesto si inseriscono gli Stati Uniti e, nonostante la nuova amministrazione Biden continui a sostenere gli interessi dello stato di Israele, essa non ha come priorità di trovare una soluzione al conflitto, che viene ormai considerato ‘tossico’ e ‘intrattabile’. Questa posizione degli Stati Uniti è diventata apparente durante il conflitto di maggio 2021. Cosa possiamo aspettarci per il resto del mandato del presidente Biden?”.

“La questione israelo-palestinese”, aggiunge sottolinea Zouhir Louassini, “è una questione molto complessa e difficile da analizzare, poiché la chiave per individuare le possibili soluzioni è ormai lasciata nelle mani dei gruppi più fanatici di entrambi i popoli. Ciò significa due modi diversi e contrapposti di vedere il futuro, e di fatto l’impossibilità di praticare il dialogo, poiché l’unica via che emerge è quella di obbligare l’altro ad accettare la propria versione della Storia.  Bisognerebbe invece tornare allo spirito di Rabin, tornare a credere che il futuro di Israele sia all’interno di un contesto geopolitico nel quale gli arabi ci sono e sono ovunque. E allora occorrerebbe un compromesso, cedere un po’ con l’obiettivo di individuare una soluzione, poiché immaginare che la forza possa risolvere una situazione così complessa significa non avere coscienza di cosa sia la Storia”.