Rubriche/PensieriParole/di Piero D’Errico

Vedere strade vuote e nessuno in giro, essere circondato dal rumore del silenzio, spaventa.
Ti prende un po’ la malinconia, ti scende un po’ di nostalgia.

Non è passato molto tempo e fai ancora fatica a spiegarti quel che accade.
Ti senti prigioniero, non puoi uscire, ma la tua mente è libera, quella nessuno può tenerla ferma, nessuno potrà chiuderla tra quattro mura.
La mente vola via, va in giro, si guarda intorno e poi torna e ti chiede: “quando finirà?”

Resti in silenzio, non hai la risposta.
Ti manca quello che facevi, tutto quello che facevi, anche quello che ti annoiava, anche quello che non ti piaceva.
Quel “bar” con tanti amici in cui facevi fatica a pagare.
Quelle interminabili discussioni di politica tra una trentina di “compagni” in una “barberia” di neanche 20 metri quadri.

Quei “neanche 20 metri quadri” mai sufficienti a contenere noi e le nostre idee.
Quella pizzeria in cui si sentivano i discorsi di tutti, dove sembrava essere tutti seduti intorno allo stesso tavolo, ma che quando andavi via già pensavi a quando ritornarci.

L’urlo di 100.000 allo stadio per un goal fatto o mancato, per una ingiustizia, uno sbaglio.
E poi andare al mare, trovare appena appena lo spazio per stenderti al sole e la bellezza di un mare che non te lo fa pesare, stai bene uguale.

E poi andare a scuola, prendere un brutto voto o un bel voto.
Tornare a casa dispiaciuto o tornare a casa felice.
La bellezza del “banco”, libri e quaderni sparsi sopra, in disordine, lo zaino strapieno e poi alzare la mano per chiedere qualcosa o per dire qualcosa.

Il suono della “campanella” che arriva a volte tanto presto, a volte tanto tardi.
La fretta di recuperare un ritardo e l’impossibilità di poterlo fare perché davanti non si decidono a camminare.
Ridere o piangere davanti a un film in una sala strapiena o andare in giro in un mercato affollato tra cose nuove e cose vecchie da cercare.
Fare 3 giri per trovare un parcheggio senza riuscirci.
Trovare stampata sul vetro una multa che come sempre cercherai di giustificare: “ho tardato solo 5 minuti”.

Ci potevamo abbracciare, ma forse non avevamo capito bene la bellezza di un abbraccio.
Ora si, ora ci manca, ci mancano quei gesti affettuosi, quei segnali che si fa fatica a dimostrare in maniera diversa.
Ditemi che un giorno tornerà tutto come prima, ditemi che un giorno faremo tutte le cose che facevamo prima, ditemi che tutto sarà uguale a prima.

Raccontano che il “mondo dopo” sarà diverso, che quello di prima era brutto, che non se ne poteva più.
Si, ma io mi ci ero abituato, mi piaceva.
Dicono che il “mondo dopo” sarà migliore, per alcuni “molto migliore”.
No. Non sono interessato.
Io, rivoglio il mondo di prima.