Rubriche/Opinioni/di Piero D’Errico

Si è nascosto ed ha osservato attentamente per una ventina di minuti chi passava davanti a lui.

Un vecchietto, uno studente, un operaio, una persona troppo importante, una persona troppo preoccupata, un bambino.
Poi è arrivato un ragazzo, lo ha guardato in viso e gli è parso fosse felice, e per questo lo ha accoltellato.
Voleva fare proprio quello, uccidere una persona che ai suoi occhi era felice.
E quel ragazzo non poteva che essere felice. Aveva una vita davanti, aveva progetti, aveva desideri, un lavoro, una casa, una sposa, dei figli.

Ed era felice perché forse a tutto questo pensava.
C’era un mostro appostato poco distante, un mostro che voleva uccidere la felicità, quella felicità che un po’ tutti cerchiamo almeno un po’, quella felicità che non dura a lungo, quella felicità che arriva a tratti, che scompare e poi all’improvviso ricompare e tinge la nostra vita di colori straordinari, stupendi.
Chiunque poteva essere scelto, bastava essere felice o almeno così sembrare.
Come se essere felici fosse una colpa, come se ogni “felicità” fosse colpevole della non felicità di qualcun’altro.

Ed ora questo suo insensato gesto ha condannato altri all’infelicità eterna.
Dire “dispiace” può non bastare, “pregare” forse neanche.
Penso che nessuno potrà mai pensare che uccidendo un ragazzo felice, si uccida la felicità, né nessuno potrà mai pensare di essere al sicuro, una volta tolta la libertà,alla persona che, come lui dice, ha ucciso la felicità.

Penso che siamo tutti impegnati a costruire un mondo e una società che con disprezzo lo occupa, sempre più cattivo, sempre più controverso e violento, pieno di episodi crudeli e inspiegabili.
E penso che alla fine, sarà davvero difficile trovare una persona “felice” da ammazzare.
L’infelicità sarà la nostra salvezza.