“In nome del Dio turismo, non si deve far passare anche il malaffare, come se il turismo fosse una sorta di zona franca”.

Rubriche/Opinioni/ di Piero D’Errico

Galatina – Con il Ministro degli Interni ed anche con i suoi “colleghi”, su tanti temi abbiamo pochi punti comuni.
Negare però che, nel bene e nel male, ci sia qualcosa di diverso è ingiusto.
Mi sono piaciuti quei controlli serrati che hanno coinvolto tutto l’allegro “club”
degli imprenditori del vacanziero.
A cominciare dagli affitti in nero di ogni spazio inabitabile, sino alla grande “ammucchiata” degli spazi abitabili.
Dai controlli sulle concessioni a volte inesistenti, sui lidi, discoteche, spazi per concerti ecc.
E’ venuto fuori un quadro disarmante.
E’ venuto fuori che quasi tutto era immerso nella illegalità profonda e per certi versi ritenuta quasi naturale.
Hanno occupato e stravolto dune, occupato il mare, aggiunto sdraio e ombrelloni, aggiunto coperture e scoperture.
Tutto nel magico e incantevole silenzio e il più delle volte nella “connivenza” delle amministrazioni locali.
Smarrito completamente il senso del rispetto della legalità, smarrito il senso stesso della “legalità”. Ed è successo di più.
Abituati a guardare il dito e mai la luna, ogni qualvolta si toccavano gli interessi “illegali” di qualche amico elettore, si parlava di “attentato al turismo”.
Ogni qualvolta si interveniva per il ripristino della legalità, c’era sempre qualcuno che prendeva posizione a difesa della “illegalità” in nome di un turismo falso e disordinato, a difesa di un turismo fatto da troppi “sballati” o nel migliore dei casi da troppi ubriachi che trovi a dormire, bottiglia di vodka al seguito, in qualche tratto di spiaggia.
Lo chiamano “modello”, addirittura “modello da esportare”.
Come se il turismo prescinde da regole, come se in nome del Dio turismo, si deve far passare anche il malaffare, come se il turismo fosse una sorta di zona franca.
Una evidente complicità tra amministrazioni locali ed “esercenti”.
Una piccola politica disposta a chiudere un occhio per qualche voto in più. Un colpevole silenzio-assenso che ha trasformato l’abuso in normalità.
Ognuno nel suo piccolo o nel suo grande, si è sentito autorizzato a fare qualcosa più del dovuto, più di quanto concesso, autorizzato, tanto nessuno avrebbe controllato. Gli amministratori locali, amici e frequentatori privilegiati, non avrebbero battuto ciglio.
Da Otranto a Porto Cesareo, passando da Torre dell’Orso, senza parlare poi di Gallipoli.
Non c’era più in noi la tranquillità di andare a mangiare in qualche posto senza correre il rischio che ti rifilassero cibi scaduti da un decennio o “pesce fresco” delle passate stagioni.
Mi è piaciuta la determinazione delle istituzioni che hanno controllato colpendo e contrastando ogni forma di illegalità.
Questo mi è piaciuto in questa estate, un segnale nuovo, un metodo nuovo e se questo metodo si chiama Salvini o Di Maio, ben venga uguale.
E uguale anche per quanto riguarda l’immediata presenza del Ministro a Foggia, contro la mafia del caporalato, subito dopo il tragico incidente.
La foto di famiglia che viene fuori è sempre dell’Italia dei furbi.
Abbiamo tutti una sorta di vocazione alla illegalità diffusa, all’abusivismo diffuso, rispettare le regole, le autorizzazioni, le concessioni è da “stupidi” bisogna sempre osare un po’ di più, spingersi oltre.
La “violazione” come rischio da correre, un rischio del mestiere, un rischio che rende inebriante l’opera che si va a fare, forti di qualche giusta conoscenza e riconoscenza.
Mi fermo.
Le citronelle accese che ho sparso intorno si sono quasi spente.
Da un momento all’altro può partire l’assalto. E poi è un po’ tardi.
Notte.