Ho iniziato questa rassegna estiva, raccontandovi di Peo così mi chiama quel piccolino di colore che abita vicino a casa mia, ed ora che siamo quasi in conclusione, vi racconto un po’ anche della nostra estate, di quei pezzi d’estate che abbiamo trascorso insieme.
Quando finalmente trovai il coraggio di manifestare i miei sentimenti e avevo messo all’angolo la mia timidezza, non senza sofferenza, le chiesi con voce emozionata, ma sicura, un appuntamento nell’angolo della villa non lontano dall’angolo dove di solito si ritrovava tutta la classe, appena una ventina di metri più avanti.
Non mi interessano più gli amici e neanche i parenti, non mi va di uscire, di andare in giro, non ho fame e mi sento sempre stanco. La notte poi non riesco a dormire, ed è come se tutti gli eventi negativi si fossero accaniti contro di me.
Le strade sterrate costeggiavano ampi spazi non ancora ricoperti dal cemento e noi a correre per strada, a rotolarci sui prati, volare aquiloni che noi stessi costruivamo raccogliendo il necessario qua e là.
Quel pomeriggio andai a trovare mia nonna, non lo facevo da tempo. Era come tutti i pomeriggi, seduta dietro la porta, guardava fuori, guardava quel che succedeva in quella strada.
Innamorato da sempre dei borghi di piccolissimi comuni, quei borghi con tanti fiori freschi e profumati ai balconi, dove i vicoli si inseguono di quà e di là e l’ acqua del vicino ruscello non smette mai di correre.
Se avessi saputo che quella era l’ultima mattina, sarei rimasto ancora, sarei rimasto per sempre, sì sarei rimasto vicino anche a far niente, anche a guardarla andare via nel suo ultimo viaggio.
Sono sempre i bambini a insegnare qualcosa a noi adulti, sono sempre i bambini che non fanno caso al colore della pelle, che nelle differenze vedono solo amore, che giocano studiano e spesso riflettono oltre la loro età.
Sono sempre i bambini che ci chiedono di fermarci un po’ con loro, ci chiedono di pensare un po’ a loro, giocare con loro.
Da loro, abbiamo tutto da imparare.
Bellissimo lo spot che vede un bambino chiedere soldi al padre, che ha sempre qualche scusa e qualche occasione per chiederne, e quando il papà un po’ scocciato gli chiede: “Ma che devi fare con tutte queste monetine ?”
il bambino gli risponde: “Voglio comprare un’ora del tuo tempo per stare un po’ con te. Dimmi quanto ti devo dare ?”. -.
Ed il papà scoppia in lacrime e si ripropone di recuperare tutto il tempo perso, vuole giocare col figlio, si ripropone di trovare tuttto il tempo che non aveva mai avuto.
Quegli stessi bambini riconoscono che abbiamo fatto tante cose buone, inventato cose nuove, sempre più veloci, sempre più perfette.
Ma poi quegli stessi bambini, ci dicono: “Avete pensato a tutto ma vi siete dimenticati di come si fa la pace, come si costruisce la pace tra popoli in guerra”.
E’ vero ci siamo dimenticati, la cosa più importante.
All’inseguimento di banalità e stupidità, abbiamo dimenticato come si costruisce un mondo migliore, un mondo senza guerre.
A Gaza c’ erano bimbi che distribuivano caramelle per festeggiare la fine della guerra, ma gli accordi preparati dagli adulti, non erano uguali per i due popoli in guerra, erano diversi, ognuno aveva un accordo di pace diverso da quello che aveva l’altro e la guerra continuava.
Riusciamo a spiegare in quanti secondi si può distruggere il mondo e non riusciamo a spiegare in quanto tempo due popoli in lotta si possono abbracciare.
Tra non molto, andremo a fare quattro passi sulla luna, ma una volta tornati a terra, troveremo davanti a noi un gruppo di bimbi ad aspettarci.
Ci aspettano per chiederci com’è andata, come si vede la terra da lassù, per chiederci della bellezza della luna, invece no, sono lì ad aspettare solo per dirci: “Vi siete dimenticati di come si fa la pace. Ci consegnate un mondoche è ancora in fiamme”.