Quattro tentativi andati deserti. Andrà meglio col quinto? Il riequilibrio finanziario passa da queste vendite. Un tentativo fatto forse per altri fini.

Cronaca/ di p.z.

Siamo quasi a metà giugno ed a fine mese sapremo se il quinto tentativo di vendita degli immobili comunali facenti parte del Piano delle Alienazioni avrà successo oppure incrementerà il numero dei tentativi falliti.

Fine Giungo ha anche un altro significato particolare per le scadenze dell’Amministrazione Comunale, significa relazione semestrale da presentare alla Corte dei Conti sull’andamento del Piano di Risanamento Economico che la stessa Corte ha approvato e segue in modo certosino.

Onestamente questo ulteriore tentativo di vendita sembra dettato più dalla preoccupazione di cosa si dovrà scrivere alla Magistratura Contabile che da una effettiva speranza che qualcosa di nuovo possa verificarsi. La Corte ha da sempre individuato in una eventuale soluzione negativa delle vendite una delle possibili causa della dichiarazione di dissesto del Comune di Galatina.

Nelle sue rilevazioni alla relazione di fine 2017 la Corte rilevava, infatti, che ” Con riferimento alle programmate alienazioni immobiliari, il Collegio osserva che allo stato l’operazione non ha realizzato i risultati sperati “  ed avendo rilevato un vuoto circa le iniziative intraprese nel periodo Giugno-dicembre 2017 aggiungeva che “L’Ente dovrà riferire, in sede di monitoraggio, in merito all’esito di siffatta procedura nonché in relazione alle successive attività finalizzate alle alienazioni immobiliari“.

Ecco spiegato il perché di questa tentata vendita lampo che il Comune di Galatina ha messo su. Basti pensare che l’avviso di asta porta la data dell’11 Giugno e la data entro cui far pervenire le offerte sono le ore 12.00 del 27 giugno; appena 16 giorni. Il 28 giugno saranno aperte le buste con  le offerte.

Non è cambiato nulla circa le modalità di aggiudicazione ossia quello dell’offerta più alta rispetto al prezzo a base di gara. Quindi ancora una volta solo offerte al rialzo, sarà escluso dalla gara chi ha presentato una offerta più bassa rispetto al prezzo a base d’asta.

Una curiosità su cui riflettere. Nella terza delle aste già fatte, fu l’unica in cui vi fu la possibilità di presentare offerte al ribasso rispetto al prezzo a base di asta. A ricevere una offerta fu il solo Palazzo Ferrarese che a dispetto del suo prezzo di stima, ben 426.000 euro, ricevette la misera offerta di 100.000 euro. Nessun altro immobile ricevette uno straccio di offerta.

In quest’ultima asta si è ritornati alle offerte al solo rialzo; secondo voi come finirà?  Qualsiasi manuale di Economia Politica, di qualsiasi ordine e grado di scuola, insegna una regola elementare, quella che il prezzo di un bene lo determina il mercato attraverso l’incontro tra la domanda e l’offerta. Il prezzo sale o scende in maniera proporzionale alla quantità immessa sul mercato di un determinato di bene ed alla quantità di domanda di acquisto rivolta quello stesso bene. Insomma sono la domanda e l’offerta che stabiliscono il prezzo di mercato e non qualche tecnico seduto a tavolino che applica quattro estimi catastali e pretende di aver ricavato l’effettivo valore di mercato di un bene.

Quegli estimi vanno bene per le tasse, per costringere un cittadino a pagare importi sostanziosi anche per beni che hanno valore di mercato prossimi  allo zero, ma per vendere o acquistare molto meno.

In alto a sinistra i prezzi a base d’asta dei diversi cespiti immobiliari. Cliccate sull’immagine per ingrandire.