“In questi periodi difficili non avverto la presenza della “POLITICA” nella città”.

Rubriche/Opinioni/di Veronica Romano

Non passa giorno in cui non mi chiedo: come sta la mia città, come stanno i miei paesani, come stanno affrontando le difficoltà, le paure di questi giorni?.

Come va la “politica” nella mia città? come va in questo periodo di emergenza, brilla per la
sua presenza o come sempre per la sua assenza?
Io non l’avverto. Proprio ora che dovrebbe far sentire la sua presenza, ascoltare i bisogni, gli umori della gente.

E come stanno i titolari di tante piccole o grandi attività che sono “chiuse” e ancora, che ne sarà di loro, apriranno?….. E quanti non lo faranno più?
Cosa resterà di quel che c’era prima, degli esercizi commerciali a volte così unici, speciali, particolari?

Capita spesso di chiedermi, come sarà il mio paese “dopo”, sicuramente bello uguale, ma con i segni e le ferite che lasceranno questi tristi momenti.

Non mi va proprio di vedere insegne spente e qualche vetrina coperta con fogli di giornale.
Già si veniva da anni di difficoltà, difficoltà commerciali, occupazionali, già si era da anni nella penombra, già da anni avevamo perso lucentezza, già da anni la nostra città non era più quella di una volta.

Sono preoccupata, ho paura che potranno perdersi anche quelle poche possibilità che venivano offerte.
Io non so se la politica locale, ha un’idea del “dopo”, di quel che cambierà, dei nuovi bisogni che lascerà questo periodo.

Non so se la politica locale, ha un’idea di “ripartenza” sia pure locale, non so se una buona politica può fare di più.
Quando il “dopo” troverà tante piccole e piccolissime attività, che cercheranno di alzarsi da terra e ripartire, quando qualcuno avrà bisogno di essere
aiutato, quando qualcuno avrà bisogno di essere accompagnato.

C’è un futuro per la nostra città ? Io non lo so.
Non è stato di sicuro un bell’esempio non aver accolto la richiesta della minoranza di devolvere in questi mesi i compensi derivanti da cariche istituzionali.

Devolvere quelle somme per aiutare anche con poco, chi vive in estrema difficoltà, sia famiglie, sia attività, sia disabilità.
Sarebbe stato un bel gesto, sarebbe stato un bel segnale e la dimostrazione che si possono
servire le istituzioni con spirito di sacrificio e devozione.

Sono impreparata su questo, non so se c’è la possibilità di un conto su cui far confluire un sostegno ai cittadini o alle loro attività chiuse, un fondo di solidarietà in cui “chi può mette, chi non può prende”.

Ho paura che la ripartenza sarà lenta e difficile e ancora non so se la politica ha un’idea della città che verrà e di come attraversare le macerie che troveremo per strada.

Voglio tornare a vedere il mio paese acceso in ogni angolo, in ogni strada, in ogni vicolo, in ogni piazza.
Voglio guardare il “dopo” come vera ripartenza, l’occasione di una ricostruzione politica, economica e sociale.

Mi piacerebbe che la città che verrà, poggiasse le sue basi, su solidi principi di solidarietà.
Restiamo nel nostro paese, compriamo nel nostro paese, serviamoci delle tante attività che ci sono, aiutiamole a ripartire.
Per ora la cosa che balza agli occhi è che quello slogan che si sente e si legge ovunque

#iorestoacasa, non è stato ben adottato da molti.

Se a volte pensando al futuro, ci viene un po’ di tristezza, abbiamo l’obbligo di non arrenderci e se la politica non sempre è all’altezza della città, facciamo sentire le nostre idee, facciamo sentire le nostra voce, la nostra voglia di ricominciare.
Proviamoci, e un giorno ci troveremo insieme a scrivere #celabbiamofatta.