Rubriche/Opinioni/di Luigi Mangia

In questa campagna elettorale, confusa e molto gridata, è mancato il Paese e i grandi problemi, è la più trascurata è stata la scuola, nonostante l’istruzione sia uno dei grandi problemi portato in evidenza dalla pandemia, durante la quale sono emersi i ritardi di una scuola inadeguata e contestata dagli studenti.

Nei programmi dei partiti la scuola la troviamo nelle ultime pagine, con poche idee corporative e viene ignorata la richiesta di una scuola nuova rivendicata dal movimento studentesco e dalle famiglie. Per cambiare la scuola è stato fatto quindi molto poco. La dispersione scolastica, nelle città del sud è al 20%. Al sud mancano gli asili nido.

Nella scuola primaria di primo grado manca il tempo pieno e spesso manca anche il servizio mensa. Gli edifici scolastici sono vecchi, costruiti negli anni settanta e sono privi del certificato di agibilità. La gestione e le competenze della scuola primaria sono dei sindaci mentre la gestione degli istituti superiori sono delle province, divisione questa di un’ Italia che non c’è più ferma al modello di scuola del ministro Gentile; un ritardo aggravato dal superamento delle province che dovevano essere abolite.

L’Italia non è rimasta ferma, è la scuola è cambiata, infatti la sua centralità è aumentata, è la grande riforma, che ci chiede l’Europa, la troviamo nel PNRR in cui per la nuova scuola sono stanziati ben diciassette miliardi e cinquecento milioni di euro per la lotta contro la dispersione scolastica per la quale la scuola italiana è agli ultimi posti in Europa.

La scuola certifica la divisione dell’Italia, nord contro sud, dove gli studenti del nord hanno il vantaggio di quattro ore di scuola in più rispetto agli studenti del sud i quali risultano meno preparati non per colpa loro. Il cambiamento ed il rinnovamento della scuola digitale, voluta dalle famiglie e assecondata dall’Europa è perfettamente progettata nel PNRR, basta rispettare la tassonomia dell’istruzione prevista dal piano.

Tra le forze politiche in campagna elettorale, c’è chi vuole cambiare il PNRR, rivendicando la possibilità prevista dall’articolo 21 che consente peró solo poche e necessari aggiustamenti, mentre cambiarlo significherebbe perdere i finanziamenti che l’Italia assolutamente non può permettersi. Il nostro paese infatti con un debito pubblico di duemisettecento miliardi di euro ha pochissimi spazi di manovre di bilancio.

È un pericolo, ed anche un rischio che non ci possiamo permettere e quindi evitare senza se e senza ma. Il 25 settembre dobbiamo votare per chi non vuole dividere il Paese e portarlo fuori dall’Europa perdendo i finanziamenti del PNRR che oltre a favorire la scuola riguarda il rinnovamento del paese in particolare riguarda la soluzione dei gravi ritardi e dei vecchi problemi del sud. Il 25 settembre quindi nella scheda elettorale c’è il futuro dell’Italia e il suo ruolo nell’Europa e nel nuovo mondo.