Rubriche/di Piero D’Errico

Fu quella l’unica volta che in piena estate andammo a villeggiare in montagna, al fresco, in una baita che si affacciava su una vallata con pochissime altre famiglie che abitavano intorno.

Ricordo quel profumo, quell’aria fresca, quei viottoli che salivano e scendevano, quei viottoli che attraversavano i boschi e si arrampicavano in cima alla montagna.

Avevo ben presto fatto amicizia, ci divertivamo un mondo e la sera facevamo fatica a dividerci.

Avevamo tutti più o meno la stessa età, andavamo insieme in giro a capire e scoprire la bellezza di quella vallata.

La sera poi sino a tardi stesi sull’erba con lo sguardo rivolto al cielo a contare le stelle, ad ammirare le stelle, spaventarci per ogni minimo rumore, per qualcosa che si muoveva per poi accorgerci che era il vento, era solo il respiro del vento che muoveva i rami degli alberi.

Era la notte di San Lorenzo e noi come sempre distesi sull’erba di quella vallata illuminata dalla luna non facevamo nulla di diverso, guardavamo come sempre le stelle.

Fu quella ragazza che parlava più di tutti, forse troppo e che abitava sempre là che ad un tratto nel silenzio di quella vallata che non sembrò affatto disturbata, ci chiese:

“Pensate davvero che sia stato Dio ad inventare le stelle ?”

Ed uno: “Non riesco ad immaginare uguale bellezza senza le stelle, senza quel manto di puntini bianchi.

Si ci volevano, ed è stato Lui, proprio Lui.

Un altro: “Non riesco a immaginare l’infinito, l’universo, i pianeti, la luna, le stelle e quanto altro ancora c’è che non conosciamo”.

Io vedo in tutto la mano di Dio.

Ed io: “Io non lo so”.

Ed un’altro: “Le ha dovute inventare per forza, per indicare la strada, per non farci perdere”.

Ma non penso che abbia potuto fare tutto da solo. Sono troppe, troppissime.

Ed il più piccolo che portavamo sempre con noi: quando diventerò grande ne ruberò una chi vuoi che se ne accorga di una stella che manca.

Negli anni che seguirono non tornammo più in quel paradiso ma non  c’era notte di San Lorenzo che il mio pensiero non mi portasse là.

Ritornammo che era appena iniziata la bassa stagione, non c’era più tanta gente ed erano passati quasi trent’anni.

L’unica di quel gruppo che eravamo e che incontrai e feci fatica, come penso anche lei, a riconoscere fu quella ragazza che abitava sempre là in quel paradiso rimasto tale, rimasto come l’avevo lasciato e come speravo di ritrovare.

Quella ragazza che quella sera ci aveva fatto quella domanda che ogni tanto mi girava in testa: “Pensate sia stato davvero Dio a inventare le stelle ?”.

Quei giorni che avevo deciso di restare passarono in fretta, gli allungai un paio di volte ma passarono lo stesso.

Arrivò così l’ultimo giorno, l’indomani sarei dovuto andare via.

Avevo tutto pronto, ma sarei rimasto ancora volentieri e la valigia l’avrei disfatta volentieri.

Sarei rimasto lì per sempre, in uno di quei posti magici che ti incantano, sarei rimasto lì e non mi sarei mai stancato di guardare, ammirare, sentire i rumori del silenzio, guardare la luna e il sole stretti tra quelle montagne che sembrava non volessero far passare nessuno.

Quando andai via, c’erano ancora le stelle, belle e luccicanti come mai, dormivano tutti in quella valle.

Guardai tutt’intorno poi presi un foglio e una penna, scrissi qualcosa e lo attaccai alla porta di quella mia amica che tanti anni fa aveva fatto quella domanda.

Su quel foglio ci scrissi una mia certezza: si, è stato Dio ad inventare le stelle. E stato proprio Dio, sono certo.

Passai il dorso della mano davanti agli occhi per asciugarli, chi  era con me di sicuro si accorse, ma nessuno mi chiese nulla.

Sparimmo nella notte, le stelle ci accompagnarono per un bel tratto di strada e poi all’improvviso decisero di sparire.

Le trovai come sempre puntuali in ogni posto dov’ero, ogni sera, ma non erano più le stesse.

Quella vallata le faceva magiche, romantiche, da dipingere su tela ed io pur di allontanare quei ricordi che mi fermavano il cuore,  evitavo a volte di guardarle.