Rubriche/PensieriParole/di Piero D’Errico

E la sera eravamo tutti lì, seduti a cerchio davanti al cancello di quella vicina.

Si concludeva così una giornata iniziata alle prime luci dell’alba.

Finiva così. Tra racconti popolari di ricette e di raccolto, tra usanze e credenze, tra affetto e rispetto.

Quell’estate fu tutta sua.

Quel 45 giri che girava sfiorato da quella puntina simile a uno spillo, si era quasi consumato.

I nostri sogni invece no, i nostri sogni cominciavano a prendere forma e “il ballo   del mattone” era la loro musica di sottofondo.

Tutt’intorno, un’aria calma e quieta, il profumo del tabacco appeso a seccare, ci avvolgeva. Era la ricchezza di tanta gente, il “pane” per tanta gente.

Poi i discorsi diventavano “meno partecipati” si cominciava a sentire la stanchezza della giornata.

Qualche sbadiglio all’improvviso arrivava e qualcuno di noi, allora “ragazzini”, già dormiva con la testa poggiata sulle gambe della mamma.

Una decina di persone sotto un cielo stellato, al chiaro di luna, nessun rumore, solo il cigolio di qualche bici che passava di tanto in tanto e qualche porta più avanti che si chiudeva.

Poi arrivavano i saluti, la buonanotte e ognuno entrava in casa sua portandosi dietro la sedia.

Si e no le dieci di sera ed eravamo già a letto.

Era passata un’altra giornata che si andava ad aggiungere alle tante che sarebbero arrivate.

Non ci accorgevamo di vivere momenti che avrebbero fatto la nostra “nostalgia”,   mentre tutto cambiava lentamente, a nostra insaputa, tutto cambiava di nascosto.

A saperlo avremmo combattuto con tutte le nostre forze per fermare quei momenti meravigliosi, fatti di niente o poco più. Saremmo stati sconfitti.

Non c’eravamo accorti della loro bellezza, volevamo crescere, diventare grandi.

E quando finalmente siamo diventati grandi era ormai tutto cambiato.

Non c’era più nessuno a raccontare storie e fatti un po’ veri e un po’ falsi, non c’era          più nessuno seduto a cerchio sull’uscio di casa.

Non c’era più nessuno a farci assaggiare le sue specialità.

Nessuno che tirava su dal fondo della cisterna dove era stata calata per farla fresca, qualche anguria colore rosso-fuoco.

Non si ballava neanche più “il ballo del mattone” e che dire dei sogni.          Spariti per sempre.

Resta solo un bellissimo ricordo di quei tempi, di quei momenti.

Una specie di “ritratto popolare” difficile da descrivere ora, infinitamente bello da vivere allora.

Resta solo un “affresco popolare” d’altri tempi, antico.

Che vale la pena conservare.

Che vale la pena custodire.

Che vale la pena raccontare.

E ancor di più vale la pena d’amare.