Eventi/di Piero D’Errico

Da anni, puntuale come non succede quasi mai, sono lì.

Aspetto l’inizio del festival di SANREMO un po’ perchè lo considero un appuntamento da rispettare un altro po’ per amore della musica in genere, della musica universale.

E via tra pronostici e scommesse, esibendo sfacciate preferenze per i cantanti della mia generazione che, nel ricordo dei tempi più belli, mi fanno sembrare più belle anche le canzoni.

In quei cinque giorni, anche durante la pubblicità, non vado mai a  curiosare su altri programmi che di sicuro mi porterebbero in giro da MASTER CHEF a qualche “ruota della fortuna”, molto lontani, come qualità, dal caro festival.

Da anni non resto mai deluso ed è stato così anche quest’anno.

Si sono avvicendati nelle serate, cantanti ed affini, cantanti a dorso nudo   e pitturati, alcuni in maniera così esagerata da far pensare già al carnevale.

Si sono avvicendati sul palco ragazzi truccati più delle ragazze, con sopracciglie ad ali di gabbiano, con lustrini e mantelli.

Ho visto sciogliersi al calore delle luci, più trucco ai ragazzi che alle ragazze e mi sono un po’ tranquillizzato.

Almeno in questo si è raggiunta la parità.

Vestiti ed atteggiamenti equivoci, battute su fragole e banane, peli superflui e trans, alternate a battute su misure troppo ristrette e misure esagerate come quel 48 di piede della ragazza “du Brazil”.

C’era qualcuno che nella canzone, voleva fare CIAO CIAO con le gambe  e con il culo.

Io in queste ore sto già provando, spero di incontrare qualcuno da salutare appena esco per vedere l’effetto che fa.

Insomma cinque serate di passerelle con poca normalità tra gli artisti in gara oltre che per la canzone, anche per la stranezza di look, tagli e trasparenze.

Tanto che ad un certo punto, mi sono un po’ preoccupato, mi è calato il  fondato dubbio, che ero io a non essere normale.

Sono stato assalito dal fondato dubbio di non possedere quel pizzico di internazionalità che magari uno scamiciato trasparente e unisex potrebbe darmi.

Preciso che non sono di vedute strette, anzi sono aperto al nuovo, alle nuove mode e modelli, adoro le diversità. Sono moderno.

Quando in queste cinque serate il festival finiva, Dio sa la fatica a mantenere aperti gli occhi, barcollando per il sonno prendevo la strada del letto canticchiando alla meglio qualche brano più orecchiabile della serata, quel motivetto che ti piace tanto sin dalla prima volta che lo senti, che ti prende subito, che impari subito.

E poi una volta a letto, prima di chiudere gli occhi, la solita riflessione, la solita triste domada che ogni sera ho rivolto a me stesso, rimasta ancora senza risposta:

“ CI SARA’ UN FUTURO PER NOI NORMALI ? “.