“A volte la bellezza di una storia sta proprio nel finale e quel finale rese la storia “unica”, la rese immune al passare del tempo”.

PSILettere/ di Piero D’Errico

Era stato per due e più mesi il punto di ritrovo, una “barberia” spoglia e dismessa.

Era lì che ci incontravamo il mattino, e poi il pomeriggio sino a sera.

Era lì che  mettevamo a punto le strategie, era lì che ci raccontavamo, che ci ascoltavamo, era lì che immaginavamo già la nostra vittoria.

Eravamo “quelli della barberia”.

Da allora son passati vent’anni, solo qualcuno fa ancora politica.

Ricordo ancora tutti i compagni di allora ed è sempre bello ricordare e raccontare quei due mesi e più di quella bellissima primavera.

Bello ricordare chi si avvicinava per la prima volta in politica con il suo carico di entusiasmo,  bello ricordare quell’ondata di freschezza che coinvolse e travolse tutti.

La fine di quella campagna elettorale fu come la fine dell’estate.

Lasciò dietro di se tanta tristezza. Il dover riprendere la vita di sempre non ci faceva star bene.

Ricordo che cominciai contro voglia, per non dire di no, per non venire meno a quello che per me era un “dovere politico”.

Poi pian piano, quella campagna elettorale occupò totalmente il mio tempo e la mia mente.  Forse troppo.

Furono due mesi e più di straordinaria bellezza, di impegno, di amicizia,  di idee, di fantasia.  E il fatto che si concluse con una “sconfitta” rese ancora più straordinaria la cosa, la fece unica, irripetibile.

Aver visto intorno tanti occhi lucidi, tanti sguardi increduli rese il finale commovente, emozionante forse più della vittoria.

Quella “sconfitta” rese la storia eccezionale, pazzesca e il fatto di non riuscire a capire nell’immediato i motivi, a capire gli errori , la rese ancora più grande.

Non staremmo ancora a raccontarla, forse avremmo già dimenticato, se quel finale imprevedibile e inaspettato non si fosse abbattuto su di noi con la potenza di un uragano.

Fu una “sconfitta straordinaria”,  quelle che ti regalano “ emozione e rabbia” per sempre. Troppo normale se fosse finita con quella che per noi era una vittoria annunciata, quasi facile. Non avrebbe meravigliato e forse neanche emozionato nessuno.

Doveva finire così, a volte la bellezza di una storia sta proprio nel finale e quel finale rese la storia “unica”, la rese immune al passare del tempo.

Facemmo fatica a capirlo, facemmo fatica a capire che era proprio la “sconfitta” la bellezza  stessa, che era proprio la sconfitta l’essenza stessa che avrebbe reso indimenticabili quei due mesi e più di quella bellissima primavera.

Due mesi e più di quella bellissima primavera in cui valse la pena vivere e forse anche “perdere”.