Eventi/di Piero de lorentis

A meno di due anni dalla morte dello storico Maestro di scherma, la prova interregionale di spada Cadetti e Giovani, organizzata nel fine settimana del 20-21 gennaio dall’Accademia di Scherma di Lecce, dà il battesimo al I Memorial in suo onore.

Il Maestro schermidore per eccellenza, il docente federale, il formatore di generazioni di tiratori (il suo curriculum è uno scrigno di preziosità sportive), riceve l’ennesimo attestato di grande protagonista della scherma.

Io ho avuto la fortuna di conoscerlo, non durante un percorso sportivo ma nell’ambito di un rapporto sociale fatto di frequentazioni con compagni di scuola, amici e conoscenti del Villaggio Azzurro.

Era il 1964 e per una decina d’anni ho allargato la cerchia delle mie amicizie, divenute poi privilegiate per l’ospitalità ricevuta da tante famiglie, facendo quotidianamente la spola tra Galatina e il villaggio militare.

Un rapporto fra coetanei consolidatosi sempre più ed ancora oggi, sia pur sotto latitudini diverse, tenuto acceso grazie ai social e a sporadici incontri.

Si studiava (il minimo necessario) in casa di Enzo, si giocava a pallavolo, ci si riuniva in un locale a fare un po’ di musica e a canticchiare.

Al maresciallo Cazzato, nostro dirimpettaio a quel fabbricato che spesso ci ospitava, non è parso vero vedere tanti giovani trastullarsi e con tante poche idee. Allora gli è bastato attraversare la strada, arringarci tra margine stradale e gradini del locale e proporci di iniziare a tirare di scherma.

Anche da stasera esclamò, penso a tutto io.

E il coinvolgimento di Pippo, Lino, Piero ed altri fu totale.

Tranquillo nell’esposizione nozionistica, rigido ed inflessibile nell’applicazione pratica degli esercizi riuscì a captare il nostro interesse.

Questo il mio ricordo dell’epoca.

La “ sala d’armi “, pomposamente ma senza presunzione alcuna chiamata così da noi allievi del Maestro Cazzato, era ricavata in una stanza attigua alla chiesa. Un fabbricato isolato scorporato dal contesto dei cinque padiglioni abitativi che annetteva oltre al luogo sacro anche uno spaccio militare.

Il locale disadorno, denominato “La tana”, era il rifugio ricreativo di alcuni di noi che coltivavano le loro passioni al coperto: musica e sport.

La bivalenza dell’immobile non era dunque appannaggio del solo complesso musicale, ma veniva condiviso da questa nuova attività sportiva che nel suo genere non aveva precedenti.

A sera si aspettava che Pippo e Francesco ,su tutti, ultimate le prove strumentali e canore, accatastassero in un angolo la strumentazione e poi……

Poi era il turno del maresciallo Cazzato e di un gruppo di “volontari” precettati dal Maestro che venivano avviati ai primi fondamentali della scherma.

La pedana rettangolare, composta al centro della stanza, era ricoperta da stuoie di iuta per impedire lo scivolamento durante le azioni di attacco e difesa. L’ingresso del Maestro carico dei “ferri” nella stanza era un rituale a cui noi tutti assistevamo. Il colore dominante era il bianco.

La sua capigliatura precocemente imbiancata, faceva pendant con corpetto, giacca e pantaloni: il fascio di fioretti, sciabole, spade e le maschere protettive completavano il chiaro scuro dell’immagine-persona di Paolo Cazzato che catalizzava la nostra attenzione.

Nell’angolo, a sinistra dell’ingresso, il Maestro depositava gli attrezzi, ne sceglieva uno, quasi sempre per primo il fioretto, e guadagnava il centro della pedana. Noi ci schieravamo contro il muro ed ascoltavamo la sua didattica relativa all’arma da impugnare, fatta di posture baricentriche, posizionamento dei piedi, modalità di attacchi e difese.

Poi a turno indossavamo il corpetto, calavamo la maschera sul viso e si tentava di mettere in pratica quanto ci era stato insegnato.

Impugnare il fioretto o meglio sostenerlo non era facile. Di per sé la superficie su cui esercitare la presa era ed è contenuta in quella che è la forma anatomica più congeniale dell’arma.

Con tranquillità e con un parlare sommesso che andava in crescendo, i suoi inviti risuonavano nella stanza:

Dovete reggere il fioretto con delicatezza, con tre dita …. non irrigidite il polso forzando la presa…..” e giù una strisciata di lama che piegava il polso facendo perdere la presa dell’attrezzo.

Lino, il più eclettico tra noi, era stato individuato dal signor Cazzato(così ho continuato a chiamarlo incontrandolo per le strade di Galatina) a tirare anche con la sciabola, con la quale si esprimeva al meglio ricevendo consensi ed apprezzamenti “ bene Lino…buona questa parata di quinta ” .

Eravamo un bel gruppo, inizialmente innamorato dell’innovazione sportiva. La partecipazione col tempo però scemava riducendosi a due-tre unità. L’impegno del signor Cazzato non era affatto gratificato ma ,si sa, i giovani(avevamo 17-18 anni) sono allergici ai sacrifici.    

Ma nulla è andato perduto degli insegnamenti del Maestro. E non erano solo nozioni di tecnica schermistica, ma regole comportamentali di vita che oggi sono speculari del mio modo di essere improntato a correttezza, rispetto ed altruismo.

Grazie signor Cazzato.