Il tempo cambia tutto. Porta tutto via. Lascia da sfogliare il solo libro dei ricordi.

foglieLettere/ di Piero D’Errico

Il repertorio delle canzoni che suonavano in quel locale, in quel caldissimo mese di agosto di un po’ di anni fa, partiva forse dagli anni “40 e si fermava alla fine degli anni “70.

Insomma le canzoni, dondolandosi dolcemente, ripercorrevano le manifestazioni più importanti di quei tempi: cantagiro, festival bar, disco per l’estate, canzonissima.

Un repertorio che io conoscevo tutto e che aveva accompagnato la mia adolescenza e la mia giovinezza.

Mio figlio ancora piccolo, quand’era mezzanotte eravamo già a letto, dopo una intensa giornata di mare la mattina, di passeggiate o chiacchierate  il pomeriggio. La testa poggiata sul cuscino, la finestra aperta per il caldo, sentivo gli ultimi discorsi delle persone sedute a cerchio vicino a casa,  poi la buonanotte e il rumore delle sedie che si mettevano in un angolo del giardino.

Quando i rumori lasciavano il posto ad un po’ di silenzio, l’ aria s’era rinfrescata un po’ e solo qualcuno si vedeva  ancora in giro,  si faceva largo la musica di quel locale vicino, le canzoni cantate da quel mio amico che ogni tanto andavo a trovare nel locale dove  si esibiva per tutto il mese di agosto.

Erano canzoni che conoscevo, alcune le avevo sentite cantare da mia madre, e insieme alle canzoni partivano i ricordi, i posti, gli amici, la scuola, le feste, le occasioni perdute e le occasioni avute.

Alcune mi rattristavano, altre mi rallegravano.

Ero a letto, occhi sbarrati, qualche raggio di luce si infilava dalla persiana insieme alla musica che ogni sera aspettavo con gioia.

Verso le due e mezzo di notte, si sentiva la voce del mio amico cantante, salutare tutti sulle note dell’ultimo brano. Poi più nulla.

Solo allora chiudevo gli occhi per cercare di dormire. Mio figlio a fianco dormiva da un bel po’, mi accertavo non avesse  caldo o non avesse freddo poi finalmente dormivo anch’io.

Andò avanti così per tutto il mese di agosto, quella musica e quelle canzoni a tenermi compagnia ogni notte, il momento più bello della giornata.

La fine dell’estate e il ritorno in città fu triste e complicato.

La vita di ogni giorno ci sbatteva addosso e noi facevamo fatica a ricominciare. Anche la scuola ricominciava. Ci trovammo all’improvviso  a combattere tra libri, zaini e grembiuli, sin quando il tempo rese tutto più tranquillo, tutto più normale. Durante tutto l’inverno che seguì quell’estate, mi capitò spesso di ripensare a quella musica che non si ascoltava quasi più.

La casa era in affitto e appena arrivò la primavera ci affrettammo a confermarla.

Il tentativo fu vano, quell’anno  quella casa l’avrebbe abitata il proprietario.

Ci rimasi male, cercai inutilmente nelle vicinanze, niente.

Mancavano pochi giorni a ferragosto, quando decisi di andare in quel locale, da cui l’anno prima partiva quella bella musica.

Quel posto era rimasto solo nei miei ricordi, tutto trasformato, tutto rimodernato, era diventato un “pub” .

Di quella musica nessuna traccia, solo musica americana e un via vai di boccali di birra.  Il tempo di dare uno sguardo e fuggire via, lontano, dove poter respirare e ascoltare il proprio respiro, dove in silenzio dispiacersi per come il tempo cambia.

Quel bellissimo mese di agosto restò solo un ricordo, quelle canzoni nella notte  un crocevia, un via vai di ricordi quasi nascosti, ma pronti a saltare fuori sulle note di una canzone, pronti riportarmi indietro nel tempo a sfogliare giorni e stagioni , a sfogliare  gioie e dolori.