cesari4cesari3Un breve ricordo della nostra medaglia d’oro

cesari1di Rosanna Verter

Ore 09.00 dell’8 Novembre 1936: il RO-37, della 108 squadriglia, decolla per una perlustrazione dei “Laghi Margherita ed Aussa” in Africa Orientale. Al posto di comando c’è il nostro concittadino Nino, come era affettuosamente chiamato Fortunato Cesari. Con lui il Tenente osservatore Francesco Gaetano De Vito, da Treviso. Decollano per una missione senza ritorno. Quando si dice “il destino”;  per due giorni egli era stato costretto a rinunciare a rischiose operazioni, per un forte raffreddore. Il loro compito era segnalare eventuali spostamenti e movimenti del grosso delle bande facenti capo a Barambaras Asciagarì e darne poi comunicazione al Comando della divisione Speciale del generale Geloso lanciata verso Allata alla loro ricerca.

cesari5L’azione si rivela più difficile del solito, in quanto viene avvistato un corposo nucleo di ribelli che non esita ad aprire il fuoco contro il velivolo italiano. L’aereo, forse perché colpito al serbatoio del carburante, perde quota rendendo  necessario un atterraggio di fortuna. Il suo mancato rientro, previsto per mezzogiorno, getta nell’angoscia più nera amici e militari che cominciano a presagire una disgrazia.

Il Comando Aereo dà disposizioni affinché la zona venga accuratamente perlustrata. Molti aerei si alzano in volo alla ricerca dei due piloti, ma senza alcun esito. Dopo circa venti giorni si presenta al Comando della Colonna Geloso il suddito ungherese Bartelemy Holnso, gestore di una concessione agricola a Bera che, sfuggito agli abissini, dopo una estenuante  marcia di sei giorni porta la notizia dell’atroce fine dei due eroi e consegna un piccolo pezzo dell’ala superiore dell’aereo vanamente cercato per giorni. Lo ha avuto da alcuni  indigeni  sadam,  presenti all’atterraggio del velivolo, i quali gli riferiscono ogni particolare della disgrazia. Dopo il triste annuncio, la Colonna Geloso si muove per il recupero dei resti mortali di Fortunato e di Francesco, nonché delle parti di aereo sparse nella zona.

I due corpi, pietosamente composti in piccole bare, sono successivamente deposti in un piccolo monumento-sacello ricavato da un termitaio che costituiva la base dell’antenna alza bandiera sul grande campo di Irgalem. Il Generale di Brigata, Ettore Faccenda, avanza alle autorità competenti una proposta di assegnazione di medaglia d’oro al valor militare alla memoria che viene accettata e consegnata a Roma il 4 Aprile 1937, con la seguente motivazione: “Ardito pilota da ricognizione strategica, costretto ad atterrare fra nuclei ribelli, durante un volo di ricognizione a grande raggio, riusciva, nonostante ferito nel violento rovesciamento dell’apparecchio a rimettersi in piedi per correre in difesa dell’osservatore proiettato lontano ed in gravi condizioni.

Solo, contro la turba selvaggia di ribelli, difendeva strenuamente col fuoco il compagno esamine fino a quando, crivellato dai proiettili, cadeva dividendo con lui la gloria del martirio.

Magnifico esponente delle più alte virtù della razza”.

Cielo di Auasa, 8 novembre 1936 XV

Il nostro eroe era nato nella casa di Via Sogliano, il 17 marzo 1912 e, dopo aver conseguito la  maturità classica presso il liceo “Colonna”, s’iscrive dapprima alla facoltà di ingegneria, presso la Regia Università di Torino, e, dopo pochi anni, a quella di  giurisprudenza.  Nel 1933 si arruola in Aeronautica, dopo il fallito tentativo di accedere all’Accademia Militare.

Lo stesso anno, presso la scuola Caccia di pilotaggio di Sesto S. Giovanni, consegue il brevetto di pilota di aeroplano su velivolo Ba.25. In seguito, dopo aver conseguito quello di pilota militare su velivolo A.300/6, viene nominato Sottotenente Pilota di Complemento ed assegnato al 2° Stormo Caccia Terrestre.

Il 5 ottobre 1934, durante una importante manifestazione a Milano, alla presenza  del Duce e delle più alte cariche dello Stato, un velivolo, che unitamente alla squadriglia del Cesari sorvolava lo spazio sovrastante la città, con il compito di controllo, per cause imprecisate, ha un pauroso impatto, a 1000 metri di altezza, con l’aereo del pilota galatinese.

Le conseguenze sarebbero state disastrose, se Fortunato prima di lanciarsi con il paracadute,  non avesse provveduto, con prontezza di riflessi e grande coraggio, a spegnere il motore, facendo precipitare l’aereo lontano dalla folla e dalla città. Per questo motivo riceve un  particolare elogio che gli fu inviato dal Comando dell’Aeronautica, in ospedale dove fu ricoverato, per circa due mesi, per le varie ferite riportate. L’anno dopo cessato il servizio di prima nomina,  si colloca in congedo  e fa ritorno a Galatina, ma,  sospesi gli studi universitari, rientra  in servizio su sua richiesta.

È assegnato al “5° Stormo d’Assalto” del  Campo di Gorizia, e successivamente al “4° Stormo Caccia Terrestre”  distinguendosi per le eccezionali doti di pilotaggio acrobatico.

Il 25 gennaio 1936 salutata in fretta la famiglia, si imbarca felicissimo per la Somalia  grazie al lasciapassare del duca Amedeo d’Aosta che lo aveva conosciuto ed apprezzato durante i voli di servizio. Già abilitato al pilotaggio dei velivoli CR.20, Ansaldo AC.3, CA.32, nel corso delle operazioni belliche consegue, inoltre, l’abilitazione su IMAM Ro.1 e IMAM Ro.37bis. Durante la conquista dell’Impero Etiopico partecipa a trentotto azioni di guerra sui campi di Mega, Allata, Irghelein, Meta Gafersa, Arero, Uacille, Uadarà, Regione dei Laghi, ed emerge per coraggio, per spirito di sacrificio e per le elevate qualità combattive improntate alla spericolatezza e all’ardimento.  Ottiene la promozione, per merito straordinario, a Sottotenente in Servizio Permanente Effettivo (SPE), ed è autorizzato dal ministro della Regia Aeronautica a fregiarsi della medaglia commemorativa, con gladio romano, per le operazioni militari in AOI.

La nuova capitale del Sidamo, su proposta del generale Geloso, è stata chiamata Cesaria a ricordo dell’eroe, e il campo di aviazione di Irgalem è intitolato al nostro concittadino. I resti mortali della nostra medaglia d’oro sono sepolti nel cimitero di Mogadiscio. Il Magnifico Rettore della Regia Università di Torino,  prof. Silvio Pivano, volendo onorare la memoria del nostro concittadino, lo nomina il 9 maggio 1937, ad honorem, Dottore in Giurisprudenza ed il suo nome è inciso sulla pietra posta nell’aula magna del Politecnico Torinese.  I giornali dell’epoca hanno così titolato la notizia: “IL POPOLO D’ITALIA” Un eccidio a Radama;  Il  GIORNALE  riporta, invece, una corrispondenza, con foto, da Galatina dal titolo Un eroico caduto galatinese in Africa Orientale;

LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO apre con I nostri eroi dell’Africa Orientale Italiana.

La Società Operaia di Galatina in occasione del suo cinquantottesimo anniversario, ha posto nella propria sede una lapide a lui dedicata opera del concittadino Antonio Mollona, raffigurante l’Aquila Imperiale tra l’elica di un aereo ed il fascio littorio.

Galatina fiera ed orgogliosa di questo suo figlio, il cui esempio nessuno può e deve dimenticare, gli ha dedicato una lapide, opera del gruppo GRE.FAR,  sita nella Piazza che porta il suo nome, e l’Aeroporto Militare, oggi Scuola Volo Basico Iniziale 61° Stormo. Inoltre, proprio presso l’aeroporto della nostra città è stato portato a termine, ad opera del personale del 10° Reparto Manutenzione Velivoli, parte del restauro proprio di un velivolo come quello su cui perse la vita il nostro eroe (velivolo ormai rimasto unico esemplare al mondo), con una collaborazione fra pubblico e privato mai sperimentata prima e che ha dato dei risultati veramente lusinghieri. Ora il velivolo è in mostra presso il Museo Storico dell’Aeronautica Militare di Vigna di Valle, alle porte di Roma.

Sottotenente Fortunato Cesari: PRESENTE.